venerdì 26 gennaio 2007

Giornata della Memoria a Caserta



A Caserta la manifestazione per il giorno della Memoria si è svolta con un incontro-dibattito presso l’Auditorium di via Ceccano al quale hanno partecipato gl studenti degli Istituti superiori della città.
Gli organizzatori hanno intitolato l'evento traendo spunto dal titolo del mio libro Luna di miele ad Auschwitz”: revisionismi e negazionismi della Shoah".
Ringrazio i dirigenti scolastici, i docenti e gli alunni del liceo scientifico “Armando Diaz”, l'Istituto Campano per la Storia della Resistenza “Vera Lombardi” e il Centro Studi "Daniele" per avermi dato la possibilità di partecipare a questa iniziativa così stimolante.
La manifestazione è iniziata con la proiezione del filmato Memoria in cui sono stati assemblati spezzoni di famosi film sulla Shoah (Il pianista, Il giardino dei Finzi Contini, Schindler’s List, Portiere di Notte, La tregua, Il diario di Anna Frank) alle interviste fatte a Polansky, Spielberg e Liliana Cavani.
Ha fatto seguito un mio breve intervento, quello di Felicio Corvese (ICSR-Centro Daniele), di Luigi Parente (Istituto Universitario Orientale), di Francesco Soverina (ICSR “Vera Lombardi”) e dei docenti del Liceo "Diaz".
Al termine alcuni studenti hanno fatto una serie di domande, tutte molto interessanti, ponendo in particolare l'accento sulla vexata quaestio della legge Mastella, criticata in verità da tutti i relatori.

giovedì 11 gennaio 2007

Replica a Carlo Mattogno


Problemi editoriali rendono lunghi i tempi di stampa di questo articolo.
Ho deciso perciò di mandare on line questa prima versione anche se eccessivamente prolissa per un Blog.
Mi scuseranno per questo i lettori.


RISPOSTA A CARLO MATTOGNO
di Francesco Rotondi

In risposta a Luna di Miele ad Auschwitz. Riflessioni sul negazionismo della Shoah un mio libro edito da ESI, Carlo Mattogno, esponente di spicco del cosidetto “negazionismo scientifico”, ha recentemente replicato, pubblicando “Ritorno dalla luna di miele ad Auschwitz. Risposte ai veri dilettanti e ai finti specialisti dell’anti-“negazionismo” e rispondendo sia in relazione ai propri scritti che a quelli del chimico Germar Rudolf, attualmente detenuto in Germania.
Concordo con Mattogno su di un solo punto: coinvolgere in tali questioni legislatori, poliziotti e magistrati non è giusto né utile; non ho plaudito all’arresto di Irving e non mi compiaccio di quello di Rudolf: un reato di opinione, anche la più detestabile, non credo debba essere punito con la carcerazione: "je déteste ce que vous écrivez, mais je donnerai ma vie pour que vous puissiez continuer à écrire", l'abbia detto o meno Voltaire, il concetto è certamente condivisibile.

Mattogno nel suo libro, edito dalle edizioni Effepi, mi attribuisce due errori metodologici di fondo
”.
Il primo
consisterebbe nella mia conoscenza del revisionismo “indiretta, filtrata dalle lenti deformanti di vari propagandisti olocaustici” e cita a tal proposito Deborah Lipstadt, Valentina Pisanty, Francesco Germinario e
John C. Zimmerman.
Confermo di aver letto e con grande interesse gli scritti degli autori che menziona ma penso che dalla lettura del mio saggio emerga con chiarezza come la mia critica nasca dall’analisi diretta di tutti i lavori esaminati siano essi negazionisti che anti-negazionisti; peraltro l’idea chiave del mio lavoro non coincide con l’impostazione più accettata da gran parte di quella storiografia ufficiale, dispregiativamente etichettata come "sterminazionista", ossia di limitarsi a discutere “sui” piuttosto che “conles assassins de la mémoire e replicare a chi nega l’esistenza delle camere a gas non è di fatto in completa sintonia con l’atteggiamento di alcuni studiosi cui fa riferimento; che io abbia riproposto molte loro tesi è verissimo ma ciò rientra nello spirito di un saggio che non fa mistero di essere tutt’altro che negazionista.
L’altro errore sarebbe di aver esaminato solo parte dei suoi studi.
Non era mia intenzione analizzare l’opera omnia della esorbitante produzione di Mattogno; ho inteso presentare semplicemente un’agile raccolta di considerazioni sul “negazionismo scientifico” e non la sua biografia…, altri negazionisti sono stati invece totalmente ignorati, avrei però dovuto scrivere una “Treccani” e non un volume di 172 pagine; “si chaque fois qu’un “révisionniste” produit une affabulation, il faut lui répondre, les forêts du Canada n’y suffiraient pas”, scrisse a suo tempo lo storico Pierre Vidal-Naquet, da poco venuto a mancare.
In virtù della mia formazione culturale, fra le argomentazioni che cercano di dimostrare l’inesistenza delle gassazioni omicide, mi sono soffermato più dettagliatamente sulla questione dei residui di cianuro nelle camere a gas, limitandomi, come esplicitato nel testo, solo ad esaminare “sinteticamente” e "per completezza" gli altri due punti: l'assenza di buchi nei tetti dei crematori e le caratteristiche tecniche dei forni crematori.
Il mio lavoro è evidentemente incentrato sulla problematica chimica e poiché Mattogno si è interessato prevalentemente agli altri due aspetti, lo spazio relativo alla sua attività ne risulta inevitabilmente circoscritto.
Il mio libro non avrebbe potuto comunque essere aggiornato alle sue ultime pubblicazioni - che non mi pare rivelino novità così scovolgenti - perché completato nel 2003 anche se stampato solo nel 2005 con minime modifiche. Questi, solitamete così puntiglioso, avrebbe potuto notare che su oltre 200 voci bibliografiche c’è n’è solo una del 2004...

Ritengo che "Luna di miele ad Auschwitz" sia comunque al momento il libro in cui le tesi di Mattogno siano maggiormente analizzate.

Luigi Parente, che Mattogno poco elegantemente definisce “tale”, non ha bisogno né di presentazione né di difesa. E’ storico assai noto ed autorevole, professore di Storia Contemporanea all’Università "L’Orientale" di Napoli ed ha avuto il solo "torto" di onorarmi della sua bella prefazione.

Per quanto mi riguarda, posso rassicurarlo: sono un "dilettante vero" ; la mia sola laurea è in Medicina e Chirurgia seguita dalla specializzazione in Cardiologia e nel 2001 non frequentavo l’Università di Salerno ma lavoravo all'Ospedale Fatebenefratelli; Francesco Saverio Festa non è mai stato, ahimè, mio relatore ma è indubbiamente mio carissimo amico, insegna effettivamente all’Università di Salerno e dirige da anni, con passione e coraggio non indifferenti, l’Osservatorio Politico-Sindacale “Gaetano Vardaro che ha voluto presentare il mio libro ad Avellino. Come spiegare allora il falso scoop di Mattogno che mi promuove “finto dilettante”, attribuendomi immeritatamente “una tesi di laurea (e quindi anche una laurea, suppongo, in Storia e Filosofia) discussa nell’anno accademico 2000-2001 col prof. Saverio Festa”, con tanto di nota a piè di pagina e indirizzo internet ? Chiarisco subito l’equivoco al solo scopo di evitare di emulare il sedicente ingegner Leuchter e diventare a mia volta sedicente filosofo: tempo fa, Franceso Saverio Festa inviò il mio manoscritto a un collega dell’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza; qui qualcuno, mettendo ordine tra le carte, l’avrà catalogato per errore come tesi di laurea nella biblioteca: parafrasando Mattogno “un documento non falso ma falsificato”. Spero soltanto che a questo punto Mattogno valuti l’attendibilità delle fonti con un criterio un po’ più rigoroso di quello usato nei miei confronti….

Riguardo alle altre obiezioni rivoltemi da Carlo Mattogno, mi limiterò a delle brevi considerazioni sulle questioni più squisitamente tecniche, sorvolando su quelle strettamente storiografiche; tuttavia, tra le argomentazioni storiche – sulle quali Mattogno si sofferma a lungo e su cui io, non intendendo atteggiarmi a storico, ho riportato solo qualche dato per facilitare la lettura - c’è n’è una alla quale, per il carattere “tecnico”, intendo però controbattere: il significato del termine Sonderkeller .

SONDERKELLER
Esiste un noto documento in cui i locali adibiti a camere a gas del Krematorium II di Auschwitz vennero imprudentemente chiamati Sonderkeller (cantine speciali). I negazionisti hanno dato molteplici spiegazioni per attribuirgli un ruolo diverso da quello palesemente omicida; per Mattogno sono “speciali” perché “unici dotati di impianto di disaerazione”; in precedenza aveva però affermato che il termine “rientra(va) nella terminologia Sonder-, applicata alla lotta contro il tifo” mentre “Vergasungskeller [scantinato a gas] designa(va) uno scantinato di disinfestazione”; La metamorfosi interpretativa potrebbe essere legata al fatto che, se fossero state semplici camere di disinfestazione, avrebbero presentato concentrazioni di cianuri molto più elevate, come riscontrato proprio dai negazionisti nelle vere camere di disinfestazione e confermato anche dai ricercatori dell’Istituto di Medicina Legale dell'Università di Cracovia sotto la guida del professor Jan Markiewicz. Viene fornita l’ennesima interpretazione, anche se non si capisce cosa avesse di tanto speciale un impianto di disaerazione (peraltro non “unico” trovandosi anche in altri edifici quali il Krematorium III) in un posto in cui di cose “speciali” ne esistevano ben altre. E perchè la stessa camera era chiamata anche "scantinato a gas"? Perchè una camera con impianto di disaerazione - che non sarebbe una camera a gas e neanche di disinfestazione ma, mi par di capire, un obitorio “speciale” - dovesse avere una porta a tenuta di gas con spioncino, spioncini che talora avevano griglie protettive? Per proteggersi da chi? Dai morti?

I GAS DELLO STERMINIO: OSSIDO DI CARBONIO E ACIDO CIANIDRICO
A proposito dell' ossido di carbonio (CO) e dell'acido cianidrico (HCN), Mattogno mi chiede come mai se “lo sterminio fosse un’azione pianificata dai vertici del governo tedesco” questo “poi si sarebbe però completamente disinteressato della sua realizzazione pratica”, usando in campi diversi, veleni differenti. E’ assurdo pensare che Adolf Hitler, dopo aver ordinato la Soluzione Finale, indicasse anche quale agente chimico usare, caso mai consigliandone anche le concentrazioni e i tempi di esposizione. E a proposito dello Zyklon B (nome commerciale dell’acido cianidrico) scrive “Rotondi confonde i tipi di filtro delle maschere antigas con la concentrazione di acido cianidrico nello Zyklon B (che era sempre la stessa)!” Faccio sommessamente notare che l’informazione non è parto della mia fantasia ma riportata da una fonte autorevolissima. E' Raul Hilberg a scrivere nella sua opera monumentale: “La Testa vendeva Zyklon a diversi tassi di concentrazione. Le fatture presentate agli uffici municipali o ai clienti privati per la disinfestazione degli edifici portavano colonne stampate C, D, E, F, ogni lettera corrispondeva a una categoria di concentrazione del prodotto” (Hilberg R: “La distruzione degli ebrei d’Europa”, Torino,1999 p.1003 e relative note 115 e 116; nota 115 “Reickskommissar Ostland/Divisione della Sanità al Reichskomissar/Amministrazione 28, febbraio 1942, allegato alle spiegazioni dei prezzi sullo Zyklon forniti da Weinbacher (Testa) al dottor Ferdinand (Divisione della Sanità), 21 febbraio 1942, e ordine di servizio per la disinfestazione di edifici vuoti del Ghetto di Riga, 2 marzo, 1942, T 459, Roll3” e nota 116 “Höss, Kommandant cit, pag. 159. Si usava la stessa concentrazione per la disinfestazione dei vestiti: ibid. La maggior parte dei documenti riguardanti la fornitura di gas ai campi, porta solamente “Zyklon”. Vedere, tuttavia, la corrispondenza del 1944, dove appare la definizione B, nei documenti NI-9909 e NI-9913”).

THE LEUCHTER REPORT
Mattogno si occupa della mia critica al Rapporto Leuchter : mi compiaccio del giudizio negativo sul falso ingegnere, che pensò di dimostrare l’inesistenza delle gassazioni di massa nei lager nazisti, confrontando le basse concentrazioni dei cianuri nelle camere a gas omicide con le alte concentrazioni nelle camere di disinfestazione; rimango francamente deluso quando esamina “uno degli argomenti addotti da Rotondi”: la possibilità di usare Zyklon a dosi più basse rispetto a quelle proposte da Pressac, argomento in passato da lui stesso definito però “ragionevole”.
Si rifà ai penitenziari americani in cui “con una concentrazione di 3,200 parti per milione di acido cianidrico, corrispondenti a 3,83 grammi per metro cubo, la morte(..) subentra dopo circa 9 minuti”; fa notare che mentre nelle suddette strutture l’acido cianidrico è prodotto immediatamente, nelle camere di disinfestazione “l’evaporazione dell’acido cianidrico dal suo supporto inerte è molto lenta, circa 2 ore” e riporta un diagramma in base al quale “per ottenere la concentrazione letale di circa 4 grammi per metro cubo in circa 9 minuti(…) sarebbe stato necessario un quantitativo di Zyklon B 23,3 volte superiore(..) oltre 90 Kg !”, ironizzando sui “testimoni che raccontano della morte delle vittime in 5 minuti con qualche chilogrammo di Zyklon B” e “secondo Rotondi con 1 kg”.
A tali erronee valutazioni va fatta più di un’obiezione:
1. Non ha senso confrontare l’esecuzione di un singolo individuo in una camera a gas di una penitenziario americano con lo sterminio simultaneo di migliaia di persone in un unico locale
, ignorando il ruolo di una serie di fattori concomitanti, quali ad esempio le differenti concentrazioni di ossigeno e di anidride carbonica.
2. La concentrazione immediatamente letale per l’uomo - conosciuta dai nazisti perché segnalata, non solo nell’opera citata da Mattogno, ma anche in altre coeve (Patty FA, J. Industr. Hyg, 2, 631,1942) o più recenti (Documento del Michigan Department of Environmental Quality 05.01.2001) - non è 4 gr/m3 ma di oltre 10 volte inferiore ossia di di 270 ppm (parti per milione) corrispondente a 0,3 gr/m3.
E’ paradossale che anche per Franco Deana, suo abituale coautore recentemente scomparso, “un qualsiasi tecnico specializzato, applicando la formula di Haber, avrebbe stabilito che era sufficiente impiegare 0,3 mg/litro di HCN che avrebbe procurato la morte in 3 minuti e 20 secondi” ed è altrettanto curioso che lo stesso Mattogno nel suo "Olocausto: dilettanti allo sbaraglio" abbia scritto“mentre nelle camere a gas per ragioni “umanitarie” si usava una concentrazione di HCN 12 volte superiore a quella rapidamente mortale, nelle presunte camere a gas omicide, dove le ragioni “umanitarie” non esistevano affatto, fossero necessarie concentrazioni 40-67 volte superiori”: risultati sostanzialmente corretti nonostante sia Mattogno che Deana commettano l’errore di usare la “formula di Haber” notoriamente non applicabile ai cianuri.
3. Il tempo di “1 al massimo 2 ore”, necessario per gran parte dell’evaporazione, varia con il variare della ventilazione ed è valido per temperature inferiori a quelle presenti nelle camere a gas (Irmscher R: “Zeitschrift für hygienische Zoologie und Schädlingsbekämpfung”, 35-37,1942). Infatti 2000 persone accalcate una sull’altra producevano 3000 Kcal al minuto, sufficienti a far superare la temperatura di ebollizione dell’HCN in pochi minuti, senza considerare che la produzione di calore da parte dell'organismo aumenta moltissimo in condizioni di stress. Abbiamo comunque già visto che non era necessario raggiungere una concentrazione di 4 gr/m3.
4. Un Kg di Zyklon non è “il dosaggio secondo Rotondi ma quello riferito da Bendel che parla di 1 Kg per 500 persone, quindi di 3-4 Kg e non di 1 kg per gasazione, dosaggio sicuramente più che sufficiente - visto che la concentrazione minima letale sull’uomo è di 1mg/kg (Gettler AO, Baine JO, Am. J. Med. Sci., 195, 182, 1938, DOC. NI-9912) - e assai più basso di quello “secondo Aynat” che, parla di soli 140 gr di acido cianidrico per 2000 persone in un articolo in cui ”materiali, critiche e consigli sono state forniti dal ricercatore italiano Carlo Mattogno”… (Aynat E: "Crematoriums II and III of Birkenau. A critical study" JHR, vol 8, n 3, p.303, 1988). La conclusione secondo cui “sarebbe stato necessario un quantitativo di acido cianidrco 20 volte superiore a quello normalmente impiegato per la disinfestazione !” è perciò da ritenersi sicuramente scorretta, nonostante il punto esclamativo...

TIFO PETECCHIALE
Sul tifo petecchiale fa una confusione enorme, giustificata in parte dal fatto di non avere preparazione medica.
Ho sostenuto nel mio libro che tale malattia non poteva giustificare il grande numero di morti ad Auschwitz poiché nei registri furono certificate solo 2060 morti per tifo a fronte di oltre 25.000 per cardiopatie, epidemiologicamente non spiegabili, se non pensando a uccisioni spacciate per morti cardiache.
Mattogno interpreta questa semplice deduzione a modo suo, facendo strani calcoli e accusandomi di “menzionare 103.000 morti”, cifra che non si capisce da dove sbuchi? “Mistero” per dirla alla Mattogno.
Mi spiego nel modo più elementare possibile: parlo di una popolazione di morti troppo giovane per giustificare una tale mortalità cardiaca, perché costituita da 59.000 morti di età inferiore a 50 anni e da 44.000 morti di età inferiore a 40 anni.
Mattogno maldestramente somma 59.000 a 44.000 e giunge a sostenere che io menzioni 103.000 morti. E’ invece fin troppo chiaro che i 44.000 morti fanno parte dei 59.000 morti di età inferiore ai 50 anni….a parlare di 103.000 morti è Mattogno e non certamente io.
Sul significato di popolazione “mediamente giovane” fraintende e non comprende che mi riferisco al significato statistico di "età media" (Σx/n) uguale alla somma di tutte le età divisa per il numero degli individui e forse per questo non considera giovani i morti tra 0 e 30 anni!
Fa quindi una serie di ipotesi prive di ogni attendibilità scientifica dato che la statistica si fa con le diagnosi mediche non presunte ma accertate.
Ciò che è certo è i certificati di morte per tifo rimangono 2060. Il resto sono ipotesi senza valore e non si capisce perché per una stessa causa di decesso, talora si dovesse porre diagnosi di “tifo” e il più delle volte di morti cardiache.

NO HOLES NO HOLOCAUST
Sulle aperture per l’introduzione di Zyklon nei tetti nelle camere a gas, riassumo la questione. Inizialmente per i negazionisti questi fori non esistevano è ciò avrebbe confermato che le camere a gas non potevano essere esistite, mancando il sistema di introduzione del veleno nei locali. Dimostrata l’esistenza di tali aperture, si è detto che le avevano fatte i russi, che forma e centimetri (in un edificio distrutto con la dinamite…) non corrispondevano, che i tondini di ferro erano piegati ecc. ecc.
Mattogno afferma di averle “ispezionat(e) già nel 1990!”: ma allora perché non ne ha parlato immediatamente?
Esistono foto con immagini riferibili alle strutture di introduzione dello Zyklon; all’inizio un certo John Ball ha sostenuto che erano state contraffatte, dopo che Nevin Bryant, esperto della NASA presso Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, ne ha dimostrato l’autenticità, ci si è inerpicati in altre teorie, salvo continuare imperterriti a propagandare le sconclusionate ipotesi iniziali di Ball. E i testimoni? Da prendere "a pedate nel fondoschiena", concordi nel complotto antinazista e inattendibili perchè “vittime”, non dei nazisti attenzione !, quanto piuttosto “della serrata propaganda dei vari movimenti di resistenza clandestina del campo” .
Sull’interpretazione di Drahtnetzeinschiebvorrichtung (dispositivo di inserimento in fil di ferro) e di Holzblenden (coperchi di legno), cercherò di far tesoro delle lezioni di tedesco, in attesa di capire però a cosa si riferissero questi termini visto che l’ipotesi più logica di dispositivo di inserimento per lo Zyklon B con relativi otturatori non è ovviamente accettata da Mattogno; nel contempo una revisione del vocabolario italiano consentirebbe a Mattogno di appurare che “nappa” e “falda” sono sinonimi e una più attenta rilettura della punteggiatura gli permetterebbe di interpretare correttamente qualche presunto “strafalcione”...

CREMAZIONI ALL'APERTO
Non comprendo perchè Mattogno inizi il capitolo sulle fosse di cremazione con una lettera sul rendimento dei crematori e non delle cremazione all’aperto.
Anche su tale punto il “revisionismo olocaustico” ha seguito un iter analogo al precedente. Inizialmente le fosse di cremazione non esistevano (“nessuna traccia di fumo, nessuna traccia di fosse, di cremazione o no, ardenti o no, nessuna traccia di terra estratta dalle fosse (…) nelle zone cruciali del crematorio V”) e le cremazioni all’aperto erano ritenute tecnicamente impossibili; quando in quelle stesse stesse foto è apparso finalmente il fumo si è detto che le cremazioni all’aperto - prima, non solo inesistenti, ma addirittura impossibili - erano state rese necessarie dalla carenza di coke o dal malfunzionamento dei forni e non dalla mole di cadaveri da eliminare; e infine in quelle stesse foto, con “nessuna traccia di fumo” , si è arrivati finanche a valutare superficie fumante e forma per dimostrare “irrefutabilmente” che “la storia delle cremazioni di massa a Birkenau nel 1944” è falsa. Aristotelicamente “chiusa la questione”.

FORNI CREMATORI
Sulla questione dei forni crematori, effettivamente molto complessa, pur non avendo competenza specifica (come puntualizzato nel mio libro), mi permetto comunquedi fare alcune considerazione.
Esiste un documento con una capacità di cremazione dei 5 crematori di 4.756 cadaveri al giorno: Mattogno scrive “Rotondi presenta la questione come se io avessi fatto un’affermazione infondata e Pressac mi avesse opposto questo documento (di cui conosceva solo una trascrizione) e io non avessi replicato nulla”. Avrà letto distrattamente il mio libro perché io ne parlo, non come risposta di Jean-Claude Pressac a Carlo Mattogno ma a Fred Leuchter, anche perché il farmacista francese, che io sappia, non ha mai polemizzato pubblicamente con il revisionista italiano.

Ci informa di aver “chiesto conto a Pressac delle assurdità contenute in tale documento”, come se a scriverlo sia stato Pressac che, fra l’altro, definì la cifra di 4756 corpi “grossolanamente esagerata”… , non ci fornisce altre spiegazioni e ci rimanda all’ennesimo articolo che avrei avuto il torto di non citare.

Non dice perchè abbia usato, per la stima del consumo di coke, un forno che, essendo a “tiraggio aspirato”, consumava più coke, forno poi sostituito nel calcolo della durata delle cremazioni con uno molto più vecchio.

Non accenna alla possibilità di usare la legna presente in abbondanza nel bosco vicino

Non spiega quali siano i “pressupposti congetturali ed errati” sulle cremazioni a Gusen di 25,2 minuti per corpo, rimandandoci alla solita nota, né perché, “aggravante” o non “aggravante”, per la durata della muratura refrattaria si rifaccia a un forno elettrico.

Assicura che gli impianti di inizio secolo per le carogne animali erano “molto più simili ai forni di Birkenau di quanto si possa credere” (reputando evidentemente che la struttura corporea delle vittime fosse simile a quella di vitelli e maiali) e i forni funerari dell’ '800 tecnologicamente più avanzati di quelli di Auschwitz che, pur progettati per eliminare migliaia di corpi al giorno, erano più “rudimentali” sia di quelli “ultramoderni attuali” che di quelli ottocenteschi: un’evoluzione tecnologica a singhiozzo…

Sull’ipotesi di poter usare i forni a ciclo continuo, cita parte delle mie riflessioni, omettendone le conclusioni: “Un uso dei forni a ciclo continuo appare effettivamente improbabile”; ironizza sul fatto che mi sia dilungato “in due pagine abbondanti” su un brevetto di un forno, per poi rispondere limitandosi “allo stretto indispensabile” ovvero due pagine abbondanti con relative note, riservandosi di fornire anche ulteriori spiegazioni …

Cita ancora parzialmente una mia frase (“… un processo di cremazione analogo a quello descritto nella testimonianza di Tauber era teoricamente possibile”) che letta completamente acquista un senso completamente diverso (“È improbabile che un enorme forno del genere, il cui progetto viene definito idiota da Pressac, abbia mai funzionato ma è importante tener presente che anche questo brevetto dimostri che un processo di cremazione analogo a quello descritto nella testimonianza di Tauber era teoricamente possibile”).

Accusa Zimmerman, e indirettamente me che l’ho citato, di riferirsi ad un lavoro del 1875 dopo averlo criticato per averne citato uno del 1927. Non si tratta di applicare due pesi e due misure: il lavoro del 1875 non è usato per estrapolare dati da applicare a forni più moderni ma solo per evidenziare che, già mezzo secolo prima di Auschwitz, il cadavere di un adulto poteva essere cremato in 50’ e quello di un bambino in 25’; Mattogno di contro usa dati relativi a forni più vecchi, peraltro usati per le carogne animali, e li applica a forni più moderni e con diversa destinazione d’uso

LE GASSAZIONI CON OSSIDO DI CARBONIO
Mattogno ribadisce che le gassazioni con ossido di carbonio a Majdanek non sono esistite anche perché le bombole presenti nel campo recano l’iscrizione CO2 (anidride carbonica) e non CO (ossido di carbonio).
Avevo obiettato che:

1. potessero essere state contrassegnate con la formula dell’anidride carbonica per celarne l’utilizzazione;

2. ne erano state trovate anche altre;

3. l’iscrizione CO2 non dimostrava che non avessero potuto contenere CO o che esse, prima usate per contenere CO2, non potessero essere state poi riempite con CO;

4. contava il contenuto e non la denominazione del contenitore;

5. una perizia aveva evidenziato in quel campo un filtro per CO, contenitori vuoti per CO e barattoli di Zyklon;

6. dei test avevano confermato la presenza sia di HCN che di CO.

Mattogno mi chiede sarcasticamente perché non “cancellare dalle etichette dei 535 barattoli di Zyklon B trovati a Majdanek dai sovietici la scritta “Giftgas!” (Gas tossico) e sostituirla con un più innocuo “Zucker” (zucchero). O riempire di Zyklon B dei barattoli di zucchero”: perché una bombola riempita con CO non poteva avere altro scopo di quello omicida mentre lo Zyklon era usato anche come semplice disinfestante.
Se lo scopo degli “inattendibili periti" fosse stato di creare prove contro i nazisti, sarebbe stato certamente molto più facile usare le 5 bombole fotografate, e quindi esistenti, con la scritta “Ossido di carbonio 150 atmosfere” anzicchè farle sparire. Che io mi sia riferito a un documento, pare scoperto da Mattogno, non mi sembra così scandaloso; non sapevo che “scoprire” un documento ce ne rendesse titolari del diritto di citazione.
Traggo spunto per ricordare, a proposito di ossido di carbonio, che sull’uso di tale gas all'interno dei camion esistono vari documenti tra cui uno del 16 maggio 1942 “Il luogo dell’esecuzione si trova generalmente lontano da 10 a 15 km dalle strade principali, dunque di difficile accesso(..)Se le persone da uccidere sono condotte con i camion o a piedi, capiscono immediatamente ciò che aspetta loro e si agitano , cosa che conviene evitare quanto possibile. La sola soluzione che resta consiste nel caricarli nei furgoni sul luogo del raduno e quindi condurli fino al luogo dell’esecuzione. Ho dato ordine di camuffare i furgoni del gruppo D in roulotte(…). Questi furgoni sono diventati così conosciuti che non solo le autorità ma anche la popolazione civile li chiama “i camion della morte” (..)Per finire il più velocemente possibile, l’autista spinge sull’acceleratore a tutto gas. Così i destinati all’esecuzione muoiono di asfissia piuttosto che attraverso la perdita della coscienza, come previsto” e un altro altrettanto esplicito del 5.6.42 con le raccomandazioni per rendere più efficienti gli “Spezialwagen”, già usati su 97.000 “soggetti trattati” con CO.

THE RUDOLF REPORT E LA RISPOSTA DI RICHARD J. GREEN
Mattogno dice che, non essendo chimico, non può valutare la fondatezza delle osservazioni di Richard J. Green, a cui però il chimico Germar Rudolf replicherà ammettendo “Chemistry is not the science which can prove or refute any allegations about the Holocaust rigorously”. Riproponendo una sgradevole parabola su forni e pizze, decide nondimeno di ritornare sull’acidità delle pareti che avrebbe contribuito a ridurre la concentrazione di cianuri, pareti che Rudolf rende prima alcaline e poi acide, per rendere possibile la formazione del Bleu di Prussia, pigmento che può formarsi dopo esposizione ai cianuri.
Parla “delle conclusioni di Green”, riportando una mia frase, e chiede “perchè le altre presunte camere a gas omicide originali in cui, secondo la storiografia olocaustica, furono eseguite soltanto gasazioni omicide (Stutthof, Majdanek) presentino sulle pareti interne e perfino su quelle esterne una vasta e intensa pigmentazione di blu di Prussia: ma non furono “lavate” anch’esse? E i tempi di gasazione non furono “esigui”, anzi, per l’irrisorio numero delle pretese gasazioni omicide, immensamente più esigui che a Birkenau ?”
Ripeto che il bleu di Prussia è un marker specifico ma poco sensibile ossia la sua presenza dimostra con una certa attendibilità l'esposizione ai cianuri ma la sua assenza non la esclude: può comparire nelle camere di disinfestazione e non nelle camere a gas, entrambe esposte allo Zyklon ma con tempi e concentrazioni diversi.
Non è poi vero, come ben sa Mattogno, che per tutta la “storiografia olocaustica” quelle camere siano state solo camere a gas omicide; dovrebbero piuttosto essere Rudolf e Leuchter a dirci perché i cianuri non siano stati dosati a Majdanek e a Stutthof, visto che anche lì si ritiene esistessero camere a gas: forse perchè avrebbero trovato alte concentrazioni non in linea con le loro argomentazioni?
Reputa Mattogno che i crematori di Auschwitz, demoliti con la dinamite, si trovino nelle stesse condizioni di quelli di Majdanek ? E' possibile che a Majdanek, proprio per l’esiguo numero di gasati e la minore esperienza, venissero usati tempi e dosaggi analoghi a quelli delle disinfestazioni, data “l’enorme disponibilità” di Zyklon. I muri di Majdanek sono inoltre protetti da una tettoia che li ripara dalla intemperie, tettoia che non è quella “ già in fase di smantellamento alla liberazione del campo” cui fa riferimento Mattogno ma un’altra installata successivamente in sostituzione della precedente.
E' da rimarcare che evidentemente neanche Franco Deana credeva al valore dei prelievi di Leuchter e Rudolf se arrivò a dichiarare “nelle camere di disinfestazione dagli insetti la concentrazione di HCN era più di 20 volte maggiore di quella che sarebbe stata necessaria nelle camere a gas e vi persisteva per un tempo almeno 20 volte maggiore, quindi la possibilità di assorbimento di HCN da parte delle murature delle camere di disinfestazione era almeno 20x20 = 400 volte maggiore di quella della muratura delle camere a gas”.
Mattogno si trattiene per 5 pagine sulla questione, a mio parere accademica (essendo gli addetti muniti di maschere) della ventilazione delle camere a gas, quando pure il suo coautore che mi vedo obbligato a citare nuovamente, dichiarava “usando questa quantità di acido, necessaria e sufficiente, l’accesso al locale per la rimozione dei cadaveri sarebbe risultata possibile anche senza far azionare gli eventuali ventilatori”, non eventuali perchè esistenti.

Non parla dello studio effettuato dall'Istututo di Medicina Legale dell’Università di Cracovia né sull’indifendibile Rapporto Lüftl.

CONCLUSIONI
In una rassegna bibliografica che si limita prevalentemente a citare lavori scritti da altri, riservandosi dei commenti, replicare alle critiche di Mattogno è stata probabilmente una forzatura, dato che gli autori citati -tranne gli scomparsi Pressac e Wellers - non avrebbero bisogno del mio aiuto per rispondere se lo ritenessero opportuno.
Ho esposto delle tesi, penso pacatamente, concordando con alcune e rifiutandone altre: se queste “Riflessioni sul negazionismo della Shoah” siano completamente infondate, come reputa Mattogno, saranno altri a stabilirlo.
Al di là di formule e perizie rimane la domanda alla quale nessun negazionista può dare risposta:
se non sono stati uccisi, indipendentemente dal sistema usato, che fine hanno fatto i milioni di ebrei, zingari, testimoni di Geova e omosessuali trasportati nei treni, mai registrati nei campi e scomparsi per sempre nel nulla?

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martedì 9 gennaio 2007

Cellule staminali del liquido amniotico: risvolti scientifici e bioetici



Un ricercatore italiano Paolo De Coppi e uno italo-americano Anthony Atala sono i principali autori di un importantissimo studio recentemente pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology. Figura nella prestigiosa équipe un’altra ricercatrice italiana, Laura Perin, proveniente dall’Università di Padova e approdata, come De Coppi, negli States.
Lo studio, che segue un filone di ricerca iniziato da diversi anni e da vari centri internazionali, dimostra che è possibile prelevare dal liquido amniotico, nel corso di una comune amniocentesi, cellule staminali embrionali; queste, messe in coltura, sarebbero in grado di moltiplicarsi e differenziarsi, in presenza di adeguati stimoli, verso più tipi di tessuti adulti, diventando una fonte enorme di tessuto muscolare, osseo, adiposo, vascolare, nervoso, epatico e consentendo la terapia di gravissime malattie o la riparazione di organi gravemente e irreparabilmente danneggiati.
Tra i meriti del prestigioso lavoro c’è quello di offrire 2 importanti prospettive:
- Una scientifica: l’uso delle cellule embrionali ha dato risultati deludenti perché tali cellule proliferando disordinatamente e tumultuosamente finiscono per generare frequentemente tumori; le cellule staminali del liquido amniotico invece non dovrebbero presentare questo tipo di problemi.
-L'altra bioetica: la possibilità di utilizzare cellule presenti nel liquido amniotico, evitando la distruzione degli embrioni, consentirebbe di superare le controversie religiose e morali su questa vexata quaestio.
Una nota dolente a piè pagina: per l’ennesima volta assistiamo ai successi scientifici di cervelli italiani emigrati all’estero per poter lavorare. Passano gli anni ma le ataviche anomalie del nostro sistema universitario - mortificato da un nepotismo secolare, da un carrierismo sfrenato e da un ingerenza della politica sempre più invadente– si inquadrano ancor’oggi nel quadro di una sindrome cronico-degenerativa della quale si è certi solo della prognosi infausta.

sabato 6 gennaio 2007

Il Porrajmos degli zingari



Si è parlato di un muro che avrebbe dovuto separare gli zingari presenti a Milano dal resto della città. La proposta pare sia stata rigettata dal comune di Milano ma ci turba che in Italia esploda la subcultura della segregazione del diverso. Di muri e di ghetti ci parla la storia passata e recente riportandoci a pagine di dolore e barbarie.

“A forza di essere vento. Lo sterminio nazista degli zingari edito da EDA parla di questo olocausto dimenticato (Porrajmos ossia annientamento in romané): due Dvd e un libretto; i 2 Dvd comprendono documentari, interviste e spettacoli musicali, il libretto contiene articoli e immagini relative agli Zingari, allo sterminio di cui furono vittime durante il nazismo e alla loro realtà attuale.
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/aforzadiesserevento/index.htm.
Così come quello degli zingari, si dimenticano il massacro ad opera dei nazisti di Testimoni di Geova, omosessuali, oppositori politici, asociali, malati di mente e di tutte le "vite indegne di essere vissute, temi affrontati in:
Tanti olocausti : la deportazione e l'internamento nei campi nazisti di Claudio Vercelli, Firenze 2005
Triangolo rosa.La memoria rimossa delle persecuzioni omosessuali di Jean Le Bitoux, Manni 2003
Homocaust
di Massimo Consoli, Kaos, 1980
"Olocausto/Olocausti.Lo sterminio e la memoria" di Francesco Soverina, Odradek, Roma 2003

I negazionisti giustificano lo sterminio degli ebrei come una risposta a una presunta dichiarazione di guerra dell’ebraismo internazionale contro la Germania nazista, facendo riferimento all’articolo “Judea declares war on Germany “ comparso nel 1933 sul Daily Express.
Quale sarebbe secondo i negazionisti la dichiarazione di guerra di zingari, testimoni di Geova e omosessuali che li avrebbe condannati al massacro sistematico? E quale la dichiarazione di guerra di malati di mente e bambini deformi ritenuti “vite indegne di vita” e perciò eliminati?

martedì 2 gennaio 2007

Mio post su Newsland.it su convegno negazionista a Teheran















La mia risposta a un forumista di newsland.it sulla conferenza negazionista di Teheran.
http://www.newsland.it/nr/browse/it.cultura.storia/70153.html
Nella foto il "Reportage" del convegno sul sito del negazionista australiano Töben che ha pensato bene di tramandare a imperitura memoria il gabinetto con relativo scopino della sua camera di Hotel ...

lunedì 1 gennaio 2007